NELL’AZIENDA TESSILE ATTENTA AI BOSGNI DEL LAVORATORE
La moda italiana è conosciuta in tutto il mondo. Un po’ meno l’industria manifatturiera tessile del Belpaese. Però, questo settore produttivo, ha da sempre sostenuto il concetto del “made in italy” ed è stato alla base delle cosiddette “fatture di qualità”.
Ma nel presente, questa branca dell’impresa – piccola e media – italiana, attraversa un periodo di difficoltà. Asfissiato dalla importazioni a basso costo in arrivo dai mercati dei paesi emergenti, e dalla manodopera a prezzi stracciati, sempre di quelle aree del pianeta, sono poche le aziende tessili che hanno saputo resistere alla crisi.
A Sala Baganza, nella provincia parmense, un’impresa sul panorama della moda da generazioni, resiste con caparbietà. Ma qual è il segreto di Parmabiti ? Che segreto dietro una realtà impegnata in un settore che conta – giorno dopo giorno – nuovi fallimenti o delocalizzazioni ? Probabilmente il concept di innovazione saldamente legato, però, ad un rigido rispetto delle tradizioni.
Una dicotomia che forse si può comprendere venendo a sapere che Parmabiti è un marchio persente nel panorama dell’industria tessile italiana fin dal 1878; che si è tramandato da generazione in generazione, passando da mani di sapienti proprietari, membri della medesima famiglia. I Sella, infatti, col capostipite Umberto, sono stati i fondatori dell’impresa ed oggi, con Raffaele, continuano a portare avanti un brend che evolvendosi non ha smesso di sfidare gli anni e la concorrenza.
Non abbandonare il know how accumulato col passare del tempo, è parte del segreto che ha permesso alla famiglia Sella di rimanere degli industriali del settore tessile di successo; un’altra spiegazione la troviamo nell’idea di modernità e nel principio di innovazione continua, che da sempre è stato applicato nell’azienda parmense. Operai, maestri tagliatori, sono stati ben presto affiancati da sistemi meccanici di trattamento delle stoffe, prima che arrivassero dei veri e propri sistemi computerizzati, utili per lo smistamento della materia prima, l’automatizzazione della cucitura e lo stoccaggio in magazzino.
Tutto questo senza, però, che la macchina sostituisse del tutto il lavoro dell’uomo e con questo, il tocco sapiente dell’artigiano. Il computer alla Parmabiti è entrato addirittura nel 1972, ma al tempo stesso, Andrea Sella, padre di Raffaele, assunse 20 persone in più, in modo da bilanciare, con nuove braccia, l’avvento di una macchina per l’epoca davvero avveniristica.
Oggi l’azienda parmense conta circa 200 addetti e con un fatturato di 50 milioni di euro l’anno, rappresenta una delle più attive realtà produttive del territorio, più noto per le glorie dell’industria alimentare che per altro.
Il computer che aveva fatto il suo ingresso alla Parmabiti negli anni ’70 col tempo s’è naturalmente evoluto, diventando un sistema di automazione e di organizzazione del lavoro estremamente complesso e avanzato per i nostri giorni. L’arrivo delle stoffe, la loro lavorazione; e poi la gestione degli ordini, la rimessa in magazzino ed infine le consegne, sono tutti gestiti da un unico grande cervello elettronico, controllato però da uomini, perché al servizio di altri uomini, che poi sono lavoratori, sapienti e preziosissimi per l’azienda.
Questa profonda considerazione per le maestranze s’è poi sostanziata alla Parmabiti nell’organizzazione di welfare aziendale di grande qualità e attenzione alle esigenze degli operai. Anche nell’organizzazione di questo settore l’impronta fortemente familistica dell’azienda è stata mantenuta, lasciando la gestione di tutto ciò che è assistenza alle maestranze e cura delle loro esigenze, alla moglie di Rsaffaele, Wilma Cordini.
La dottoressa Cordini, laureata in psicologia, s’è presa così a cuore i bisogni non solo di chi lavora sulle macchine, come le tagliatrici o le striratrici presenti in ditta, ma anche, e in un certo senso, delle famiglie di questi. Nel 2003 è nato l’asilo aziendale della Parmabiti, il primo esempio di questo tipo presente in un’impresa di medie dimensioni della provincia di Parma. Un luogo, dove gli operai, durante le ore di lavoro, possono lasciare i loro figli.
Un servizio che non è nato per caso. La manodopera alla Parmabiti è soprattutto femminile. Alle macchine che tagliano e preparano gli scampoli di stoffa e poi alla consolle delle stiratrici industriali, alle lavatrici, ci sono soprattutto donne; donne che – in molti casi – sono pure mamme e che la giornata in fabbrica le avrebbe costrette a lasciare i loro piccoli alle cure di qualcuno: o ai nonni o alla peggio ad una qualche tata, se non a un asilo nido esterno. Scelte, queste ultime, che hanno costi non sempre compatibili col budget di una famiglia di operai.
Le conseguenze maggiori le avrebbero pagate proprio la “donna di casa”, costrette a dedicarsi a pentole e pannolini, ma lontano da tutto ciò che potesse essere lavoro in fabbrica, indipendenza economica personale e – perché no – realizzazione di sé. Di fronte a questa verità s’è messa di traverso la Parmabiti, che con la lungimiranza della dottoressa Cardini ha dato vita a tutta una serie di servizi – l’asilo aziendale ne rappresenta la summa – e ha permesso al genere femminile presente in azienda di conciliare famiglia e lavoro: davvero la quintessenza di quello che dovrebbe essere la civiltà industriale moderna.
Alla Parmabiti sembra non possano fare a meno della manodopera in rosa. Alcune sensibilità, nel trattare, nel lavorare e nel “sentire” le stoffe, sono tutte loro! Nel lavoro di cucitura delle manifatture finali, il loro tocco rappresenta – secondo il comparto manageriale dell’azienda – un valore aggiunto che sarebbe molto complicato rimpiazzare con quello di un uomo. Pensiero che evidentemente è stato fatto, ma che alla fine ha partorito l’unica soluzione praticabile: costruire l’azienda attorno alle esigenze delle maestranze, perseguendo l’obiettivo della massima qualità per il prodotto finale.
Una decisione elementare ma che sta facendo la fortuna, davvero imperitura, della Parmabiti.